giovedì 21 gennaio 2010

Il messaggio ecologista di Avatar


Avatar, è il film del momento, tutti ne parlano e, una volta tanto, moltissimi, per la fortuna del cinema in generale, vanno a vederlo.
Si tratta di un capolavoro assoluto? Non lo credo, altrimenti le sale cinematografiche non si riempirebbero di certo…I veri capolavori non sono mai compresi da subito.
Tuttavia ho deciso di parlarne su questo blog perché ritengo che il film abbia molti pregi sia per il messaggio ecologista che lancia che per il suo indubbio valore sul piano storico-cinematografico.
Avatar si avvia a diventare a breve il film con il maggior incasso della storia del cinema. Milioni di persone lo hanno già visto ed altrettante si apprestano ad andare a vederlo. Il successo del film a livello planetario è tale che non ci si può limitare a considerarlo un semplice fenomeno di moda. Chi di voi fosse intenzionato a vedere questa pellicola si armi della pazienza necessaria a fare una lunga coda per accedere al cinema, si prepari a pagare un prezzo superiore alla norma ( costo del biglietto nei cinema di Firenze, euro 10,50) e soprattutto si appresti ad indossare gli ormai famosi e indispensabili occhialini per la visione tridimensionale.
Ammetto che assistere alla visione di un film con la sala pressoché esaurita è qualcosa che non sperimentavo ormai da tempo.

Da appassionato di cinema reputo questo un fatto importante e positivo. C’era davvero bisogno di dare nuovo ossigeno alle sale cinematografiche ormai in declino e affollate solo una volta all’anno in occasione delle feste natalizie. Ben vengano dunque film in grado di invertire questa tendenza. Sarò un nostalgico, probabilmente, ma per me i film vanno visti prima di tutto al cinema.
Cos’è dunque che spinge anche il pubblico più restio ad andare a vedere Avatar?
Tra i pregi del film vi è senza dubbio la grande capacità di coinvolgimento dello spettatore in un mondo parallelo dentro al quale è possibile immergersi a prescindere anche dagli strabilianti effetti del 3 D. Sono convinto che al successo del film stia contribuendo la sua proiezione tridimensionale, ma sono pure altrettanto convinto che il film avrebbe avuto ugualmente un successo eclatante anche se fosse stato distribuito solo in versione 2D.
Tra l’altro ho trovato un po’ faticoso mantenere questi pesanti occhialini per l’intera durata del film, (oltre 160 minuti). E non sono affatto certo che il 3D, in generale, sia poi quella rivoluzionaria invenzione che dicono.
I veri effetti speciali che Avatar produce nello spettatore sono quelli dell’immedesimazione che offre la trama che pure è costruita su meccanismi estremamente semplici e forse per questo facilmente comprensibili da tutti. Tutte le storie che si accavallano e sono narrate nel film ci sono già state raccontate in passato. Sono decine i film che Avatar può ricordarci: da Balla coi Lupi a Pocahontas, da Jurassic Park a Titanic ( che per inciso, per chi non lo sapesse, è stato realizzato nel 1997 dallo stesso regista di Avatar, James Cameron), solo per citarne alcuni, e per non parlare degli innumerevoli esempi di meta cinematografia (il cinema al cinema) che richiamano film come Effetto notte di Truffaut, Hollywood ending di Woody Allen, Viale del tramonto di Wilder, Il disprezzo di Godard o Lo stato delle cose di Wenders, solo per citare i primi titoli che mi vengono in mente.
Io vi ho trovato un grande parallelismo con La finestra sul cortile.
Se ben ricordate, tutta la nota vicenda di questo capolavoro di Alfred Hitchcock ruota attorno allo sguardo del protagonista. Il pubblico s’immedesima con il protagonista in quanto vede e conosce solo ciò che lui vede e sa. La finestra sul cortile, giustamente entrato a far parte della storia del cinema, in fondo non fa che rappresentarci una grandiosa metafora dello spettatore. Il protagonista immobilizzato e chiuso nel suo appartamento osserva il mondo esterno dalle sue finestre di casa esattamente come lo spettatore al buio di una sala cinematografica osserva ciò che gli viene mostrato da quella grandiosa finestra che è lo schermo.
Mutatis mutandis, James Cameron a distanza di oltre 50 anni rielabora e propone qualcosa di analogo aggiornandolo ai tempi nostri e sfruttando le enormi potenzialità della nuova tecnologia. Quello che viene offerto allo spettatore che vede Avatar al cinema è una riproposizione all’ennesima potenza di quanto fatto nel 1954 ne La finestra sul cortile.
Lo spettatore s’immedesima, anche grazie all’utilizzo del 3D, nel protagonista che a sua volta s’immedesima nel corpo di un essere alieno vivendone e percependone tutte le emozioni e sensazioni. Il tutto è ulteriormente amplificato dal fatto che vengono coinvolti nel medesimo meccanismo non uno ma più protagonisti della storia narrata nel film.
Ma la genialità di Avatar non risiede solo in questo.
Cameron costruisce il mondo perfetto nel quale molti di noi vorrebbero trasferirsi a vivere. Quello di Pandora, il pianeta sul quale è ambientata la storia di Avatar - contraddistinto da montagne fluttuanti, vegetazione bioluminescente, esseri volanti multicolori con 4 ali - rappresenta probabilmente il Paradiso ritrovato dell’immaginario umano non solo sul piano di una fisicità prorompente e una bellezza straordinaria dell’ambiente, ma anche su quello filosofico-morale impersonato dal popolo Na’vi che vive in totale simbiosi con la natura.
Ed ecco l’aspetto cruciale, sul piano ambientalista, del valore del film: il messaggio che Avatar lancia è alla fine quello che come ambientalisti ci sforziamo di trasmettere alle nuove generazioni e che, sia pur vagamente, a me ha ricordato anche i principi della permacultura, almeno nella costante ricerca di equilibrio tra uomo e natura che si propone di perseguire questa nuova pratica.
La vera genialità di James Cameron è stata quella di creare uno straordinario contenitore così appetibile e coinvolgente da far risultare credibile qualunque tipo di messaggio egli avesse deciso alla fine di propinarci. Bontà sua, Cameron ha scelto la strada della preservazione della natura e del pacifismo.
La specie umana è un tutt’uno con la natura e distruggendola essa condanna anche se stessa. Il messaggio, banale, se vogliamo, almeno per chi si occupa di certe tematiche da tempo, assume in realtà una valenza enorme se pensiamo alle grandi difficoltà e agli enormi sforzi che ogni ambientalista convinto impiega per trasmetterlo agli altri.
Questo film sarà visto da centinaia di milioni di persone. Dobbiamo esserne felici.
Certo il messaggio a tutela dell'ambiente può essere fin troppo convenzionale. Se non conoscessi la filmografia del regista, (negli ultimi anni si è dedicato a realizzare documentari naturalistici), e le sue convinzioni politiche (James Cameron, all’indomani della seconda vittoria di Bush alle elezioni presidenziali americane del 2004, scelse di ritirare la sua domanda di cittadinanza statunitense), sarei tentato di parlare di opportunismo da parte di Cameron che sfrutta il filone dell'ecologia, oggi di gran moda ed in grado di assicurargli un facile successo.
In realtà ritengo che dietro questa scelta ci siano delle reali convinzioni.
Del resto non si spiegherebbero altrimenti le soluzioni adottate nella costruzione della sceneggiatura; troppo accurate, logiche e complesse per non essere frutto di profondi convincimenti.

Se siete degli adulti ancora capaci di emozionarvi e tornare bambini per qualche ora, dimenticandovi della realtà e accettando con entusiasmo la voglia di vivere una bella favola, andate a vedere questo film. Vi divertirete.
In caso contrario, e un po’ vi compiango, meglio che risparmiate il tempo e la spesa.

Michele Salvadori

domenica 10 gennaio 2010

La "Ricicletteria" di Firenze


Contro traffico eccessivo e inquinamento l’uso della bicicletta, in alternativa al mezzo pubblico, sta tornando a diffondersi con sempre maggiore evidenza.
Del resto le statistiche indicano come in Europa oltre il 30% dei tragitti effettuati in auto coprono distanze inferiori ai 3 Km., (Fonte: Eurobarometro – Commissione Europea per l’Ambiente) del tutto affrontabili dunque in bicicletta.
La bicicletta può in effetti rappresentare una valida risposta e contribuire in concreto al miglioramento della qualità della vita, specie di coloro che vivono in città. I vantaggi sono innumerevoli: economici ( riduzione costi per gli spostamenti, riduzione perdita di tempo causa ingorghi del traffico), politici (riduzione dipendenza energetica, risparmio risorse non rinnovabili), ecologici, ( riduzione emissioni climalteranti e inquinanti).
A questo aggiungiamo anche gli importanti effetti benefici sulla salute di chi usa la bicicletta.
In Italia in città come Parma l’uso della bicicletta è condiviso da oltre il 20% dei suoi abitanti ed a Ferrara ( soprannominata per questo “la città della bicicletta”) supera abbondantemente il 30%.
A Firenze, sulla base di un’indagine condotta dalle Associazioni Città Ciclabile e Firenzeinbici nel 2008 erano circa 30.000 le biciclette che ogni giorno venivano utilizzate, corrispondenti a circa il 28% dei veicoli che si muovevano all’interno della ZTL con un incremento di ben l’88% rispetto ai dati analoghi del 2000.
Ed è proprio nel 2000 che prende avvio il bel progetto della Cooperativa Sociale “Ulisse”. Fino ad allora il Comune aveva il problema di doversi disfare delle centinaia di biciclette rimosse (perché risultanti in evidente stato di abbandono) dalle strade della città e che si accumulavano presso la Depositeria Comunale.
La Cooperativa Ulisse, nell’ambito di un progetto allargato legato alla promozione e allo sviluppo dell’utilizzo delle biciclette, sia sul piano della mobilità alternativa, sia sul piano del tempo libero e del turismo, dal 2001 riceve in cessione dal Comune di Firenze le biciclette della Depositeria Comunale ( evitandone così la loro rottamazione definitiva), che vengono riparate in un’apposita officina creata all’interno dell’Istituto Penale di Sollicciano allo scopo di formare i detenuti ad una attività professionale da svolgere in seguito fuori dal carcere. Un’ ulteriore officina è stata aperta anche presso il Carcere Minorile A.Meucci sempre a Firenze.
Dal 2008, a supporto delle officine attive negli Istituti Penali, la Coop. Ulisse ha aperto un nuovo Laboratorio a Firenze in Via Giano della Bella, 22 allo scopo si offrire supporto all’attività svolta nell’officina di Sollicciano e soprattutto costituire un punto vendita dove consentire al pubblico l’acquisto diretto delle bici usate riparate e ripristinate.
L’attività di questa officina esterna rappresenta per la cooperativa una opportunità lavorativa per alcuni dei detenuti che, in misura alternativa al carcere, possono trovare una collocazione lavorativa stabile e per coloro che non hanno opportunità di lavoro in quanto persone appartenenti alle fasce deboli. Infatti la riparazione e vendita delle biciclette da parte dei detenuti del carcere di Sollicciano e dell'Istituto Penale Minorile consente loro di ricavarne uno stipendio dignitoso.
Il personale addetto all’officina, affiancato da personale specializzato, si occupa di formare anche ragazzi svantaggiati all’attività lavorativa in generale e nello specifico alla riparazione delle biciclette da vendere successivamente. Il ricavato del progetto è finalizzato all’esclusiva promozione di queste attività.
Inoltre l’officina di via G. della Bella svolge anche il ruolo di punto di assistenza e riparazione delle bici di un altro progetto della Cooperativa Ulisse in questo settore ovvero il progetto “Mille e una bici” in collaborazione con Firenze Parcheggi S.p.A. ormai attivo da una decina di anni e che consente il noleggio di circa 200 biciclette sul territorio del Comune di Firenze.

Come per ogni iniziativa efficace e funzionale, anche per la Ricicletteria di Firenze molto ha contribuito il semplice passaparola tra la cittadinanza. Ormai sono moltissime le persone che conoscono questa iniziativa e che se hanno bisogno di acquistare una bici vengono a cercarla in Via Giano della Bella. I prezzi di queste biciclette “restaurate”, visti i tempi, sono decisamente concorrenziali con il mercato delle bici nuove. In genere si parte dai 40-45 euro in su per una bicicletta da uomo o da donna. Ma si recuperano, e dunque si possono acquistare qui, anche bici per bambini.
“La richiesta, rispetto alla disponibilità – ci spiega il responsabile per la cooperativa del settore bike, Marco Biagini - a è in certi periodi dell’anno talmente elevata che talora occorre prenotare la bicicletta per assicurarsi l’acquisto oppure attendere qualche giorno che nuove bici restaurate giungano da Sollicciano”.
La Cooperativa si rende disponibile anche a ritirare presso il domicilio vecchie biciclette da sistemare, fare riparazioni con materiale riciclato, piccole vendite ad Enti pubblici e/o privati, noleggi per breve/medio/lungo periodo.

Insomma, davvero un bell’esempio che concilia l’impegno per l’ambiente con quello nel campo del sociale.
Chi tra voi fosse interessato potrà trovare maggiori informazioni sul sito della Cooperativa al seguente indirizzo: http://www.cooperativaulisse.it/


L’Assessore alla Mobilità del Comune di Firenze, Massimo Mattei, ha dichiarato lo scorso settembre che negli ultimi 4 anni le bici rimosse dalle strade della città e poi donate alla Cooperativa Ulisse sono state ben 4.863 e che l’amministrazione intende continuare ad incentivare anche attraverso iniziative come questa l’uso della mobilità alternativa per combattere i problemi legati alla viabilità. A conforto di tale impegno, lo scorso novembre il Consiglio Comunale di Firenze ha approvato all’unanimità una mozione che promuove l’uso della bicicletta ad integrazione del trasporto pubblico.

Oggi sembrano molto lontani i tempi in cui il 13 luglio 1944, a causa degli agguati perpetrati dai partigiani nei confronti delle Forze dell’Ordine, il comandante militare di Firenze, Colonnello Golden, nell’interesse della sicurezza pubblica, con un’apposita ordinanza vietava nella città di Firenze a tutta la popolazione l’uso delle biciclette annunciando che “ i contravventori saranno puniti a termine della legge marziale germanica”.

Ma, come si dice in questi casi, questa, per fortuna, è un’altra storia …

Michele Salvadori

mercoledì 6 gennaio 2010

Calcola la tua Impronta Ecologica

Oggi la gran parte di noi vive in città e tende con troppa facilità a dimenticare lo stretto legame con la natura di cui invece è parte integrante. Per acquistare del cibo andiamo in un negozio usando soldi prelevati da un bancomat e, più tardi, ci sbarazziamo dei rifiuti prodotti lasciandoli nel cassonetto vicino a casa o attraverso lo scarico del bagno.
In realtà nel momento in cui mangiamo, beviamo, respiriamo, ci troviamo a scambiare in continuazione energia e materia con il nostro ambiente. Abbiamo costantemente bisogno di energia e continuamente produciamo scarti e rifiuti di varia natura.

Attingiamo continuamente risorse dalla natura ma non ci poniamo spesso una domanda fondamentale: siamo sicuri che l’utilizzo di questi prodotti non sia più rapido del tempo loro necessario per rigenerarsi? Siamo certi che il nostro scarico dei rifiuti non sia più veloce del tempo necessario a questi ultimi per essere riassorbiti?
Purtroppo oggi conosciamo fin troppo bene le risposte a queste domande; la società moderna si comporta come se la natura fosse una parte spendibile della nostra economia. Sovra sfruttamento dei suoli e produzione dei rifiuti non solo riducono la produttività futura del pianeta ma rischiano di condurre al collasso l’intero ecosistema.
E’ evidente a molti ormai la necessità d’intervenire e modificare gli attuali modelli di sviluppo ma per poter procedere in tal senso è innanzitutto indispensabile poter conoscere in dettaglio quali siano i flussi di materia ed energia che preleviamo dai sistemi naturali. Siamo lontani dalla sostenibilità, ma quanto lontani? Se non siamo in grado di misurare, non avremo la possibilità di agire.
Quanto, allora, esattamente consuma ognuno di noi?
E’ proprio per cercare di fornire una risposta a questa domanda che è nato il concetto di “Impronta Ecologica”. Chi volesse documentarsi in dettaglio sul tema non potrà prescindere da quello che ormai è divenuto un classico tra i testi che si occupano di sostenibilità: “L’Impronta Ecologica – Come ridurre l’impatto dell’uomo sulla Terra” ( Edizioni Ambiente, €. 20,00) di Mathis Wackernagel e William E. Rees. Questi due ecologi furono gli ideatori del concetto nel 1994 e pubblicarono una prima edizione di questo libro nel 1996 a cui negli anni ne sono seguite altre corredate dei progressivi aggiornamenti.
Che cos’è allora esattamente questa Impronta? Si tratta di uno strumento di calcolo che ci permette di stimare il consumo di risorse e la successiva richiesta di assimilazione dei rifiuti da parte di una determinata popolazione umana e di esprimere questa grandezza in termini di superficie ( misurata in ettari) di territorio produttivo equivalente.
Grazie all’Impronta Ecologica possiamo in sostanza stabilire quante risorse attingiamo dal pianeta e quale sia la capacità (la biocapacità, appunto) del pianeta di continuare a fornircele. E questo calcolo oggi lo possiamo fare a tutti i livelli: da quello che concerne il singolo individuo, sino al calcolo dell’Impronta di una città, di una nazione, di un continente.
Oggi questo metodo, che ha indubbiamente una sua forte valenza educativa e di sensibilizzazione alle tematiche della sostenibilità, sta ottenendo importanti conferme anche a livello scientifico e politico (dal 2000 l’Impronta Ecologica è parte integrante del rapporto biennale Living Planet Report del Programma Ambiente delle Nazioni Unite. La stessa Unione Europea ha aggiunto, da alcuni anni ormai, l’Impronta Ecologica ai 10 indicatori europei di sostenibilità locale).
Per offrire poi un’uniformità delle procedure di calcolo dell’Impronta ecologica a livello planetario è nato il Global Footprint Network (sito web http://www.footprintnetwork.org/ ) che coordina le attività delle ormai centinaia di ricercatori che si occupano di questo metodo in tutto il mondo e che convergono sull’importanza dell’impronta come metodo per accrescere la consapevolezza dell’opinione pubblica del nostro impatto sulla natura e della nostra dipendenza da essa.
Abbiamo detto che l’Impronta Ecologica misura il consumo delle risorse naturali da parte degli uomini, ovvero quanto territorio biologicamente produttivo e quanta superficie ricoperta d’acqua vengono utilizzati da un individuo, un paese, una regione per produrre le risorse che consuma e per assorbire i rifiuti che genera. Essa viene poi paragonata alla capacità della natura di rinnovare queste risorse.
Ad esempio, l’Impronta di un Paese è l’area totale richiesta per:
- Produrre gli alimenti che consuma
- Assorbire i rifiuti dell’energia che consuma
- Fornire lo spazio per le infrastrutture
Più in dettaglio sono esattamente 6 le principali aree di consumo che vengono prese in esame per il calcolo dell’impronta ecologica: i terreni agricoli, i pascoli, la aree forestali, le aree di pesca, il Territorio edificato e il cosiddetto Terreno per l’Energia ( ovvero l’area produttiva necessaria per sequestrare la quantità di CO2 prodotta dall’uso dei combustibili fossili e sufficiente a evitare l’aumento della concentrazione atmosferica di questo gas).
Solitamente si procede a calcolare prima l'Impronta Ecologica misurandola in Ettari Globali pro capite ( ad esempio l'Italia ha un'Impronta Ecologica pari a 4,9 ettari pro capite), poi la si confronta con quella che è la biocapacità di quel territorio sempre calcolata in ettari pro capite ( in questo caso l'Italia si stima abbia una biocapacità pari ad 1 ettaro pro capite) ed infine se ne deduce il Deficit ecologico (caratteristica tipica dei Paesi industrializzati) o la Riserva ecologica ( ancora frequente, nel caso dei Paesi a basso reddito). L'Italia, stando ai dati del 2006, risulta avere un deficit, facilmente desumibile dai dati sopra indicati, ovvero pari a 3,9 ettari pro capite! Ovvero ogni suo abitante, con l'attuale stile di vita, consuma risorse quasi 4 volte superiori a quelle a lui spettabili!
Naturalmente un fattore che incide molto su questo calcolo è l'incidenza demografica che come sappiamo, oggi è in costante aumento.
Gli esperti calcolano che entro il 2050 la popolazione sulla Terra, oggi attorno ai 7 miliardi, raggiungerà i 9 miliardi di abitanti.
Le risorse del pianeta resteranno invece sempre le stesse, e pertanto dovremo spartircele in parti sempre più piccole ...
Qui di seguito allego una scheda riassuntiva (cliccateci sopra per ingrandire l'immagine) aggiornata al 2006 e pubblicata sul sito http://www.footprintnetwork.org/


Oggi per far fronte ai consumi di risorse ai ritmi attuali senza intaccare la sostenibilità della Terra ci occorrerebbe circa un altro mezzo pianeta e sempre stando ai ritmi di consumo attuali, e con il progressivo aumento della popolazione, attorno al 2040 i pianeti Terra a noi necessari diverranno addirittura 2!

Naturalmente, come illustra il grafico sopra è ancora possibile invertire questa tendenza, a patto d'impegnarci, tutti, a cambiare stile di vita adottando comportamenti più virtuosi e rispettosi.

Per calcolare la vostra Impronta Ecologica andate a questo indirizzo e cliccate due volte sull'immagine che vi apparirà, scegliendo l'area del pianeta nella quale risiedete:
http://www.footprintnetwork.org/it/index.php/GFN/page/calculators/
Pazientate un po’ perché il collegamento è lento …

In alternativa, e grazie ai nostri amici del WWF oggi è possibile effettuare il calcolo di quale sia la nostra Impronta di Carbonio che resta comunque la voce principale tra quelle prese in esame per calcolare l'Impronta Totale. Anche in questo caso il calcolo può essere facilmente compiuto da chiunque. Si tratta di un calcolo parziale ma comunque indicativo dei nostri stili di vita e consumi e utile a comprendere i nostri eventuali eccessi nei consumi.
Prima però di procedere a questo conteggio, alcune raccomandazioni. Dovete munirvi preventivamente di alcuni dati indispensabili:
- Le bollette di energia elettrica e gas combustibile dell’ultimo anno
- Quanti chilometri compi con la tua auto in un anno
- Quanti grammi di CO2 emette la tua macchina per chilometro percorso ( lo potrete rilevare o dal libretto di circolazione oppure collegandovi al sito della casa automobilistica della vostra auto).
Per calcolare l' Impronta del Carbonio cliccate su:http://www.improntawwf.it/main.php

Infine, per i giovani, ho trovato un sito americano semplicemente fantastico dove è possibile sempre effettuare il calcolo dell’impronta divertendosi immersi in un caleidoscopio di immagini e disegni colorati. Naturalmente il sito è tutto in inglese ma potrà rappresentare un’occasione in più per approfondire la conoscenza della lingua.
Per consultarlo cliccate su: http://kidsfootprint.org/


Buon divertimento e soprattutto buona riflessione …

Michele Salvadori